La mia ricerca nasce dalla messa in discussione della forma chiusa. Ho contrapposto la spinta verso l'infinito, data dai volumi spesso paralleli, alla concretezza della forma chiusa, mantenendo al suo interno degli indizi di movimento.
Ho indagato il rapporto tra le forme (contenitore, volume e contenuto) attraverso diagonali, verticali e orizzontali, intese come possibilità spaziali.
Successivamente in queste forme ( stelle, ellissi sghembe, cubi, parallelepipedi, ecc ...) ho fatto entrare la luce da cielo a terra, come proiezione lineare, come segno.
Le forme in rapporto tra loro, attraverso la propria forza , la pressione implicita e il loro movimento, hanno suggerito, spinto, sconquassato i parallelepipedi, ruotando i cubi fino a farli cadere.
Nell'Installazione Momenti Zero le sculture, concepite dapprima in modo singolo (come ricerca consequenziale) sono divenute un "unicum" agli occhi dell'osservatore; tramite le "basi-scultura" le singole "sculture-oggetto" si sono identificate come un "intervento plastico-installativo" , acquisendo, oltre alla propria esistenza nello spazio fisico , una interdipendenza tra il "prima" e il "dopo" , un legame , un filo conduttore , un segno indissolubile nello spazio.
Successivamente, attraverso l'idea delle "basi-scultura", la "scultura-oggetto" è stata messa in discussione : cadendo dalla base, dal piedistallo (come si può ben vedere nella scultura "Scivolamento" dove il cilindro-scultura è scivolato a terra) viene cambiato il punto di vista dell'osservatore, dal piano sopra-elevato della "scultura-oggetto" si giunge al piano orizzontale della "scultura-ambientale" attraversabile.
Nelle serie "Nature" e "Arcobaleni" la scultura è diventata un tutt'uno con la base; l'uomo può entrare nella scultura per viverla.
Guardando a ritroso il mio percorso, il volume iniziale, liscio, pulito, levigato, è divenuto sempre più un segno tridimensionale nello spazio, senza, però, perdere il proprio peso visivo (materia e superficie). La luce, oltre ad entrare nella scultura in modo lineare, come proiezione, si è diffusa sui volumi, sui piani, rivelandone la superficie, suggerendo la materia sottostante la pelle.